POSH – Ricchi e viziati

posh_newcupTitolo originale: The Riot Club
Regia: Lone Scherfig
Paese e Anno di Produzione: Regno Unito, 2014
Genere: drammatico, thriller
Interpreti: Max Irons, Sam Claflin, Douglas Booth, Freddie Fox, Holliday Grainger, Jessica Brown Findlay, Matthew Beard, Sam Reid, Natalie Dormer
Trailer

Poche settimane fa i tre protagonisti del film (Max Irons, Sam Claflin e Douglas Booth) sono arrivati in Italia per presentare Posh (titolo ripreso dalla pièce teatrale su cui si basa la pellicola, sebbene in patria sia uscito con un titolo diverso e senza dubbio più diretto) e centinaia di ragazzine hanno affollato la capitale e sono conseguentemente scoppiate in lacrime di fronte ai loro “beniamini”. Effettivamente, il cast e la promozione del film hanno in un certo senso fatto la sua fortuna; i tre, tutti rigorosamente inglesi, rappresentano una parte di quella nuova generazione di attori che in futuro conquisteranno Hollywood.

Ma prima di concentrarci sul (ben fornito) cast, parliamo del film: Posh è un ritratto critico e preoccupante verso una particolare e ridotta porzione di quelli che potrebbero essere futuri lords e peers. Più precisamente, Posh segue il percorso di un protagonista, Miles Richards (Irons), che dopo essersi iscritto a una delle più prestigiose Università del mondo, quella di Oxford, viene scelto per entrare a far parte dell’esclusivo Riot Club. Il Riot Club è composto da dieci dei studenti più meritevoli dell’Università ed è teoricamente creato per garantire un fiorente futuro ai membri del club, ma si riduce praticamente a essere un pretesto per condurre vite dissolute, segnate da atti irrispettosi e volgari. Il film segue dunque le varie “prove” di ammissione che, come nelle migliori confraternite, prevedono molto alcol e molto vomito, di Miles e dell’altro nuovo membro del club, Alistair Ryle (Claflin), e del loro conseguente percorso di iniziazione. Nel frattempo Miles avrà sviluppato anche un interesse romantico nei confronti della “proletaria” Lauren (Holliday Grainger), ragazza dolce e genuina, ma profondamente diversa dai ragazzi snob, crudeli e, per l’appunto, posh con i quali Miles sta per legarsi indissolubilmente. La prima metà della pellicola scorre senza problemi in un’atmosfera rilassata e quasi divertente, fino ad arrivare alla scena centrale (la più lunga) del film, ovvero quella che mostra al pubblico la cena annuale del Riot Club. Nel corso di poche ore, tra le quattro mura del modesto pub nel quale hanno deciso di festeggiare l’importante avvenimento, i dieci ragazzi (complice anche l’alcol) distruggeranno totalmente la loro reputazione commettendo atti spregevoli e meschini, nei confronti del genere femminile e anche verso individui da loro considerati “inferiori” e, nella convinzione che con il denaro si può comprare ogni cosa (e che possederlo renda chiunque superiore al resto del mondo), vedranno il loro futuro sgretolarsi miseramente.

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Come già anticipato, la parte centrale del film, quella della cena, è la più lunga e a mio parere poteva essere ridotta di molto; la sequenza finale, infatti, avrebbe potuto essere maggiormente sviluppata, eliminando magari alcuni momenti dalla scena precedente; non essendo una bravissima regista come Lone Scherfig (già regista di vere e proprie perle come One Day e An Education), però, non posso permettermi di criticare, anche perché la sequenza della cena è, seppur esageratamente lunga, anche utile per creare nello spettatore la tensione necessaria per affrontare ciò che sta per accadere. Inoltre, durante la cena viene a poco a poco svelata la reale natura dei membri del Riot Club, la loro corruzione morale e soprattutto il loro essere viziati, capricciosi e viziosi (una scena su tutte: i ragazzi, che avevano espressamente richiesto un enorme pollo ripieno di altri nove volatili, si vedono arrivare a tavola un pollo ripieno di otto volatili e si indignano criticando con cattiveria il cuoco e il proprietario del pub). Se nella prima parte del film, quindi, questi giovani e prestanti ragazzi potevano risultare simpatici (magari un po’ sbruffoni, ma simpatici), nella seconda parte vediamo le loro reali e fuorviate personalità, e come queste saranno di conseguenza la causa della loro rovina.

La “questione cast”, come già dicevo all’inizio, è stata a mio parere fondamentale per la riuscita del film. Innanzitutto, sebbene tutti e tre vengano presentati come protagonisti, il reale protagonista della pellicola è Max Irons, figlio del mitico Jeremy e degno del nome di suo padre. Max, infatti, con quel viso dolce e quel sorriso ammaliante e sghembo, rappresenta il perfetto bravo-ragazzo-che-si-ritrova-nei-casini-pur-non-volendolo, rispettoso e con la morale intatta, e riesce a fare in modo che lo spettatore, nel buio della sala, si chieda “cosa avrei fatto se fossi stato al suo posto?”, giocando su quella che di base è un po’ la grande questione del film, ovvero agire rischiando tutto o starsene in disparte facendo finta di nulla. Sam Claflin, già famoso per essere il Finnick Odair di Hunger Games, incarna invece il più crudele e cattivo dei membri del Riot Club, Alistair Ryle, regalandoci un’interpretazione concreta e cupa, in un ruolo profondamente diverso da quelli in cui siamo abituati a vederlo, e se la cava niente male. Infine, l’ex modello Douglas Booth interpreta Harry Villiers, già membro del Riot Club, un ragazzo soltanto apparentemente gentile, che si occuperà della cosiddetta “missione cavallette” (ovvero quella di trovare le due nuove reclute). Mentre le due protagoniste femminili sono abbastanza dimenticabili, è da sottolineare la (brevissima) presenza di Natalie Dormer, che negli ultimi anni si è fatta conoscere per i suoi ruoli in Game of Thrones e Hunger Games, e che nel film interpreta una escort che i ragazzi non mancheranno (ovviamente) di maltrattare ed insultare. Una piacevole scoperta è stato invece Matthew Beard, giovane e promettente attore inglese, già presente nei citati film diretti dalla Scherfig, che nel ruolo di Guy Bellingfield è senza dubbio uno dei membri del club che riesce a spiccare sugli altri.

POSH Directed by Lone Sherfig

In conclusione: Posh è un film che definirei sublime, perché nel suo essere dark, cupo e tetro, si ritrova una bellezza tutta sua, una bellezza particolare e viscerale. Consigliato a tutti quelli che, come me, hanno una sorta di passione per tutti quei film ambientati nelle università e nei collegi (non so perché ma è così, mica è un caso se L’Attimo Fuggente è uno dei miei film preferiti).

La scena: La scena scelta questa volta mostra il momento in cui Alistair Ryle viene “selezionato” per entrare nel Riot Club. In un certo senso, l’inizio della fine.

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